Sperimentazione tramite “Tea”, un anno non basta

Il 13 giugno 2023 è stato convertito in Legge il cosiddetto “Decreto-siccità”, il Ddl 39 del 14 aprile 2023. Con la Legge 68/2023 che da esso deriva il Parlamento ha finalmente aperto alla sperimentazione in campo di piante ottenute tramite “Tea”, “Tecniche di evoluzione assistita”, note anche come Genome editing o Crispr-Cas9.

La ricerca sugli organismi geneticamente modificati, però, era di fatto già permessa in Italia, essendo prevista dalla Direttiva europea 2001/18 nonché le prove si limitavano al laboratorio, al chiuso. Per la ricerca in campo erano tali e tanti i permessi da chiedere che di fatto era impossibile testare gli ogm nelle reali condizioni di coltivazione. Si trattava quindi di un ipocrita gioco delle tre carte adottato dalla politica agricola del Belpaese, sempre prona ai dettami di Coldiretti che agli ogm aveva sempre detto no.

Poi arrivarono appunto le Tea. Aspetto tragicomico della faccenda è che anche gli organismi che da esse derivano sono da considerarsi ogm per la normativa europea, ma la differenza risiede nel fatto che le Tea non prevedono il trasferimento di geni da una specie all’altra. Di fatto, però, è il risultato finale che conta.

Quindi se una pianta di grano diviene resistente alla Septoria poco dovrebbe importare se quel gene della resistenza deriva da un batterio o da un altro organismo, o se è stato realizzato internamente al genoma del frumento stesso tramite l’uso delle cosiddette “forbici molecolari”. Con buona pace della logica, però, quest’ultima via è stata accolta con favore da Coldiretti e di conseguenza dalla politica nazionale tramite la citata Legge 68/2023 che però accetta la sperimentazione in campo delle nuove varietà frutto di Tea solo fino al 31 Dicembre 2024.

Sperimentazione “Tea”, un anno è troppo poco

Un solo anno, dunque, contro gli almeno tre necessari per ottenere un pool di dati soddisfacente e affidabile da prove sviluppate in areali, condizioni geopedologiche e climatiche differenti. Si spera quindi che allo scadere dei termini il Parlamento proroghi tali permessi, al ne di consentire ai ricercatori di completare i propri studi in modo soddisfacente.

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